Monselice da roccaforte Longobarda a castello dei Carraresi

La sala 4 racconta storie di uomini e donne vissuti tra l’Alto Medievo e la fine del Ventesimo secolo. Il percorso si snoda attraverso tre sezioni: la prima dedicata alla Monselice longobarda e altomedievale, la seconda riservata alla Monselice veneziana, la terza destinata a narrare le vicende seguite all’Unità d’Italia.

Nel 476 d.C. la fine dell’impero romano provoca la crisi definitiva delle strutture politiche, amministrative ed economiche attraverso le quali Roma ha governato un’area vastissima che va dal Nord Africa al Nord Europa; il territorio atestino, del quale fa parte Monselice, attraversa, pertanto, una fase di degrado e decadenza. Dopo un secolo, intorno al 600 d.C., si assiste ad una ripresa dell’insediamento, in particolare nella zona del colle della Rocca. Questo dato trova conferma in alcuni testi datati tra il 600 e il 700 d.C, nei quali l’insediamento è citato con i termini civitas e castrum Montis Silicis. Il nuovo centro abitato fa parte dei territori dell’Esarcato di Ravenna appartenente all’Impero Bizantino, ed è situato in posizione strategica: confina, infatti, con i territori occupati dai barbari provenienti dal Nord Europa e si trova in prossimità delle vie commerciali fra la pianura veneta e lo sbocco a mare del Po.

Ai Bizantini è attribuita la costruzione del primo circuito murario tra il 550 e il 600 d.C.. Dopo qualche decennio, fra il 601 e il 602 d.C., il castrum Montis Silicis viene conquistato dai Longobardi e rimane per un secolo e mezzo sotto il loro potere; sono databili a questo periodo sia resti di abitazioni che importanti sepolture rinvenute nel corso di recenti indagini archeologiche. Dopo la caduta del regno Longobardo per mano dei Franchi di Carlo Magno (771-772 d.C.), Monselice entra nel sistema amministrativo dell’Impero carolingio, conservando un ruolo dominante nell’area euganea.

Tale posizione, come si evince dai rari documenti risalenti a quel periodo, si mantiene nel corso di tutto il Medioevo, ed è confermata dal passaggio a Monselice degli Imperatori Federico Barbarossa (1161 e 1184), e Federico II (1239). Il centro fortificato, nel quale durante il XII secolo viene istituito un Consiglio Civico, espressione delle esigenze dei suoi cittadini più rappresentativi, è quindi un luogo privilegiato dal potere imperiale come testimoniano anche le vicende del delegato di Federico II Ezzelino III da Romano.

Il vuoto di potere, seguito alla caduta di Ezzelino, accentra su Monselice gli interessi economici e di comando delle famiglie emergenti nel panorama politico dell’area euganea, tra le quali ha la meglio quella padovana dei Carraresi. In questo nuovo assetto Monselice perde lentamente la sua centralità nello scacchiere geopolitico del Veneto meridionale.

La citazione di Paolo Diacono, Monselice bizantina e longobarda.

Dopo qualche decennio dalla caduta dell’Impero Romano, intorno al 550 d.C., iniziò, come si deduce dalle scarne fonti storiche, lo sviluppo di un centro abitato, sulla sommità e lungo le pendici del Colle della Rocca. Monselice viene citata in due testi, redatti tra il 600 e il 700 d.C, che raccontano fatti accaduti diversi decenni addietro. Il più antico, la Cosmographia dell’Anonimo Ravennate, riporta un elenco di località nelle quali la civitas di Monselice è collocata insieme ad altre nei pressi di “litorali marini”.

La seconda testimonianza più circostanziata, si trova nella Storia dei Longobardi di Paolo Diacono, vissuto tra il 720 e il 799. Nella descrizione degli avvenimenti accaduti tra il 568 e il 569, durante la prima fase dell’invasione dell’Italia, Monselice compare una prima volta nell’elenco di civitates che i Longobardi, guidati da re Alboino, non riuscirono a conquistare e una seconda nel racconto delle vicende accorse tra il 601 e il 602 che videro la capitolazione del castrum di Monselice a seguito dell’attacco portato da re Agilulfo.
Queste citazioni inducono a pensare che Monselice fosse un sito importante e strutturato già verso il 550, tale da essere accostato a città come Padova e Mantova. È necessario, però, considerare questo dato in base al fatto che Paolo Diacono scrisse La Storia dei Longobardi 200 anni dopo i fatti narrati, e che quindi potrebbe aver attribuito a Monselice il ruolo rilevante che aveva assunto ai suoi tempi.

E’ indiscutibile tuttavia, anche a fronte del rinvenimento di brevi tratti di cinta muraria databili tra il 550 e il 600, che i Longobardi occuparono un luogo che aveva già i connotati di un sito fortificato; la costruzione di queste prime opere di difesa può essere attribuita ai Bizantini, impegnati in quel lasso di tempo a difendere i confini nord-occidentali dell’Impero Romano d’Oriente dalle tribù barbare.

Le sepolture longobarde a Monselice

Nel corso delle indagini archeologiche che portarono alla scoperta dei resti delle mura bizantine sono state recuperate anche cinque tombe contenenti sette individui di cui tre bambini e quattro adulti. Le deposizioni – oggi custodite presso l’Antiquarium longobardo – erano accompagnate da un ricco corredo databile tra il 600 e il 650. Le tombe erano collocate nei pressi di una torre connessa con la cinta muraria, in una zona pertinente a due locali destinati ad abitazione. La straordinarietà del rinvenimento ha dato il via a numerosi studi che hanno fatto luce su alcuni aspetti del periodo storico immediatamente successivo alla presa di Monselice da parte dei Longobardi.

Il fatto che le tombe si trovassero nei pressi di un’abitazione, e non in una necropoli, fa supporre che gli individui fossero legati da vincoli parentali, poteva trattarsi di un gruppo familiare preposto alla difesa della torre. Il pregio degli oggetti dei corredi tra i quali una spada, due scramasax (tipici coltelli dell’epoca), un umbone di scudo, vari elementi di cintura per la sospensione delle armi, una crocetta in lamina d’oro decorata e alcuni pettini in osso, confermano per gli adulti un ruolo di sicuro prestigio all’interno della compagine posta dai Longobardi a presidio del castrum espugnato ai Bizantini. Lo studio degli oggetti ha permesso di individuare la loro provenienza da produzioni artigianali differenti sia di tradizione germanica, che tardoromana e bizantina.

Questo fatto mostra come, in un periodo di poco posteriore alla conquista, non fosse ancora così esclusivo per questi individui, che avevano sicuramente partecipato con o da Longobardi alla presa di Monselice, connotare la loro identità culturale con oggetti unicamente di provenienza barbara, ma come fosse più importate per chi li tumulò sottolineare il loro ruolo e valore di soldati.

A Monselice non sono stati fatti più rinvenimenti così importanti di epoca longobarda, ma nella parte bassa della Rocca lungo via XXVIII Aprile, area detta dei Tre Scalini, e di fronte alla Chiesa di San Paolo gli scavi archeologici hanno riportato alla luce alcune sepolture databili a quel periodo. Si tratta per lo più di inumazioni prive di corredo o accompagnate da qualche elemento in bronzo di cintura e alcuni frammenti di oggetti d’uso quotidiano in ceramica e vetro.

Monselice tra Federico Barbarossa e il comune di Padova

Nei primi due secoli dopo l’anno 1000 i territori italiani organizzati secondo il sistema feudale furono teatro delle lotte politiche fra poteri istituzionali ed economici. I rappresentanti dei diversi interessi erano le autorità comunali, i vescovi conti e le famiglie nobili che rivendicavano o una completa autonomia di gestione dei territori di appartenenza o una garanzia sui loro privilegi da parte delle massime autorità dell’epoca: l’imperatore tedesco, erede del Sacro Romano Impero e il papa di Roma.

Nella gestione di Monselice, i pochi documenti esistenti, testimoniano la compresenza di molteplici poteri. Fin dal 1013 esisteva un luogo di competenza imperiale dedicato alla gestione degli affari economici e giudiziari, dove per due volte sostò Federico Barbarossa (1161 e 1184). E’ possibile che l’Imperatore avesse eletto la fortificazione monselicense a postazione militare privilegiata per le sue discese in Italia, che erano pianificate per contenere le spinte autonomistiche di alcuni comuni padani e realizzare il sogno, poi fallito, di ridare vita al Sacro Romano Impero, esteso dai territori tedeschi fino alle regioni dell’Italia meridionale.

All’autorità regia si affiancava il potere di un gruppo di notabili locali (possidenti, cavalieri e notai) riuniti in una sorta di assemblea cittadina che diede il via alla formazione del Comune. Il potere comunale in sintonia con quello imperiale, consentì a Monselice per circa un secolo, di non essere facilmente preda delle mire espansioniste delle famiglie aristocratiche del territorio (gli Estensi, i Calaone etc.) e di controllare i numerosi interessi economici delle istituzioni religiose. Secondo alcuni studiosi potrebbe risalire a questo periodo la fondazione dei primi edifici del Castello posto ai piedi della Rocca, oggi denominato Castello Cini, per volere del Barbarossa.

Le fortificazioni del colle della rocca

Nel Medioevo la particolarità principale di Monselice è stata quella di essere un borgo fortificato difficilmente conquistabile e sono state proprio le sue forti difese le protagoniste dei principali fatti storici accaduti in quel periodo.

Le cinte murarie che si susseguirono furono quattro, e ad oggi rimangono visibili solamente le strutture sommitali e alcuni tratti di quelle che cingevano l’abitato sviluppatosi fino ai piedi del colle. Tra le cause della loro sparizione si annoverano le attività estrattive di pietra trachite condotte fino alla metà del secolo scorso, ma anche i lavori intrapresi in epoca veneziana per la costruzione di ville patrizie dotate di giardini terrazzati che incisero profondamente sulla morfologia del colle.

La cinta muraria più antica del VI secolo, i cui resti (cinque tratti), sono stati rinvenuti tra il 1988 e il 1996, scendeva dalla sommità del colle e dopo un dislivello di 48 metri proseguiva in falsopiano verso ovest, fino a un recinto fortificato chiamato nelle fonti “castello di San Pietro”. Lungo uno dei tratti messi in luce è stata verificata la presenza di una torre di difesa addossata alla cinta. Questo sistema di difesa, che offriva un sicuro riparo per la popolazione, rimase inalterato per almeno 500 anni. Il suo fulcro si trovava in cima al colle dove sono stati rinvenuti i resti della chiesa pievana di Santa Giustina e di altri edifici annessi e un cimitero. Le ricerche archeologiche confermano che dopo il 1100 furono avviati dei lavori con la costruzione, dirimpetto alla chiesa, di una torre, probabilmente molto alta, che poteva servire da casa-torre. Nel 1239 l’area subì un riassetto definitivo con l’intervento avviato per volere dell’Imperatore Federico II.

I lavori riguardarono la costruzione dell’imponente mastio, di una cinta muraria ellittica lungo il perimetro sommitale, e di muro difesa intervallato da torri aperte verso l’interno (torresini) che dalla cima cingeva la città fino ai piedi del colle. Nei secoli successivi gli interventi sul sistema difensivo furono minimi e nel periodo veneziano, con il venir meno della sua importanza, si avviò il processo di degrado.

Ezzelino e Federico II. Il mastio sulla rocca e le nuove mura

Alla morte di Federico Barbarossa (1190) seguì un periodo di instabilità politica che terminò nel 1220 con l’incoronazione ad imperatore di suo nipote Federico II. In questo lasso di tempo a Monselice si verificò un’affievolirsi della presenza del potere regio, come dimostrano alcuni documenti in cui è descritto l’intervento di giudici del tribunale di Padova in alcune controversie. In seguito altri fatti dimostrano l’entrata di Monselice nella sfera di influenza padovana attraverso l’avvio di legami economici con alcune famiglie aristocratiche della città.

La supremazia di Padova sull’area euganea si interruppe tra il 1237 e il 1256 a seguito delle vicende legate alla contrapposizione tra l’imperatore Federico II e il potere papale. L’imperatore voleva realizzare la riunificazione dei territori tedeschi con quelli dell’Italia fino alla Sicilia e in quest’impresa trovò fedeltà e validi alleati in alcuni casati italiani; tra questi emerse per impegno quello dei Da Romano che con Ezzelino III riuscì a conquistare le città venete di Verona, Vicenza e Padova schierate con il Papa.

Probabilmente Monselice non osteggiò il riaffermarsi del potere imperiale anche se mediato da Ezzelino III, che appariva come uno dei tanti “signorotti” vogliosi di potere. È certo che nel 1239 l’imperatore Federico II fu presente a Monselice e che per suo volere, per dare un forte segno della sua autorità promosse l’edificazione dell’imponente mastio sulla sommità del colle e del maestoso complesso del Castello.

La giostra della Rocca ovvero la rievocazione dell’arrivo a Monselice di Federico II

Nel 1986, per volere di alcuni cittadini di Monselice, prese avvio la manifestazione chiamata “Giostra della Rocca”, che rimane ancora oggi un’occasione per far rivivere il clima brioso del tardomedioevo che accompagnava le feste volute dai signori dei castelli o dalle autorità cittadine. Durante questi festeggiamenti si svolgevano una serie di sfide tra cavalieri e giochi di abilità e destrezza, che venivano vinti “ai punti”.

In tutta Europa tra il 1300 e il 1400 è documentata la presenza di compagnie di giovani torneanti che organizzavano giostre e tornei.
Notizie su queste antiche feste si trovano nelle fonti letterarie medievali dove viene descritto il cerimoniale e talora raccontato lo sfoggio di ricchezza e l’ostentazione di potere che le accompagnava; il fine di questi giochi non era solo ludico ma anche di propaganda e affermazione politica.

Nell’odierna Giostra della Rocca, nove Contrade si sfidano in diverse gare, tra le quali la più emblematica è quella equestre, detta quintana.
In questa sfida i cavalieri con la lancia in resta devono centrare tre anelli, di diametro variabile, posti su un sostegno con il braccio fisso. Durante la festa si può visitare un’esposizione di grandi “macchine” da guerra medievali ricostruite, passeggiare tra gli stand del mercatino, e seguire per le vie della città la sfilata in costume. Questa manifestazione rievoca il probabile passaggio per Monselice dell’Imperatore Federico II diretto a Padova, e si ispira alla cronaca di Rolandino da Padova (1200-1276) dove si accenna ai festeggiamenti in onore dell’imperatore: “V miliaria foras a civitate, cum multa leticia exultantes milites et pedites cum cymbalis et citharis et in- strumentorum diversis generibus”.

I Carraresi e lo sviluppo della città

Dopo il 1259, a seguito della sconfitta e della morte di Ezzelino III, Monselice rientrò nell’orbita padovana parimenti all’ascesa al potere della famiglia dei Carraresi, che divennero definitivamente signori di Padova nel 1318. Questo fu un periodo di relativo benessere per Monselice testimoniato da uno sviluppo demografico, si contavano infatti circa 5500 abitanti, e da un equilibrio tra il potere del Comune, quello delle famiglie aristocratiche e quello militare degli ufficiali inviati da Padova. Testimonianza di ciò fu la stesura e l’approvazione condivisa di una serie di documenti che dovevano regolare alcuni diritti e prerogative dei monselicensi, raccolti nel Liber iurum del 1308.

Questo cinquantennio di relativa pace terminò con l’accendersi della rivalità tra i Carraresi e gli Scaligeri di Verona, per i quali Monselice diventò luogo di contesa. Era il dicembre del 1317 quando le truppe veronesi entrarono in città espugnando la fortezza; la presenza scaligera durò un ventennio e nulla poterono i tentativi padovani di rioccupare la fortissima città murata. La capitolazione di Monselice avvenne nel 1338 dopo un lungo e sanguinoso assedio portato avanti da una coalizione di Veneziani, Fiorentini e Padovani guidati dai Carraresi. Questi ultimi presero il controllo della città e governarono per 70 anni in sintonia con i membri del Consiglio civico.

La signoria carrarese rivolse a Monselice attenzioni particolari visto il prestigio del luogo che vantava i suoi trascorsi legati al potere imperiale. Fu avviato il rafforzamento del sistema difensivo che venne adeguato per resistere ad eventuali attacchi con i cannoni il cui uso andava rapidamente diffondendosi. Venne inoltre ristrutturato il complesso del Castello che fu trasformato da castello militare a residenza “principesca” utilizzata come palazzo di rappresentanza.