Dedicata a Monselice in età Romana, dal 31 a.C. al 476 d.C.

Il trasferimento nel territorio atestino-monselicense di una colonia di reduci della battaglia di Azio (31a.C.), che in terra greca aveva visto vincitrici le truppe di Ottaviano Augusto contro quelle di Marco Antonio, testimonia la completa sottomissione dell’area ai Romani.

L’economia dell’antico centro di Este, del cui territorio Monselice faceva parte, si rivitalizzò grazie allo sfruttamento agrario delle campagne regolarmente suddivise grazie alla centuriazione e assegnate ai reduci. All’economia del territorio contribuivano, inoltre, l’estrazione della trachite e diverse attività artigianali. La fase espansiva durò circa 150 anni, e fra il 180-200 circa l’intera area era già in decadenza.

Nel periodo di massima vivacità l’agro di Monselice sembra avere le caratteristiche di un insediamento sparso di tipo rustico, anche se non si può escludere un suo stato giuridico di vicus (villaggio), come testimoniano la sua posizione topografica e la funzione di snodo in rapporto al percorso della via Aemilia-Altinate, la presenza attorno alla cittadina di sepolcreti con monumenti funerari rilevanti e l’esistenza di toponimi come “Capo di Vico”, “Vico da Pozzo”.

Diverse informazioni sulla vita quotidiana vengono dagli scavi archeologici, effettuati a Monselice in anni recenti, ed in particolare dagli oggetti deposti nelle sepolture rinvenute lungo gli antichi assi viari e nelle campagne.

Le fattorie lungo il Canale Desturo

Nel 2001 in occasione dei lavori di sistemazione delle sponde e di approfondimento dell’alveo del canale Desturo, sono state rinvenute numerose tracce di antichi insediamenti, collocabili in un ampio arco cronologico che va dal neo-eneolotico all’epoca romana.

Tale frequentazione, che risulta finalizzata allo sfruttamento agricolo del territorio, operato attraverso un utilizzo ripetuto e prolungato dall’epoca preistorica sino ad oggi, appare costituito sia da strutture relativamente semplici che da veri e propri contesti abitativi.

Le evidenze di epoca romana sono omogeneamente distribuite nelle varie località che si collocano, tra la periferia sud del centro di Monselice e quella nord di Pozzonovo, lungo il corso d’acqua.

Si tratta in particolare di cinque villae rusticae – sorta di fattorie a gestione familiare specializzata – ad articolazione piuttosto semplice con porticati e cortili interni pavimentati in terra battuta, alzati di graticci rivestiti di argilla e tetti di tegole e coppi; in alcuni casi sono presenti anche strutture di forni per la cottura del pane.

Associate a questi insediamenti sono state messe in luce delle piccole necropoli rurali, che, almeno in un caso, sembrano collegate a uno specifico nucleo abitativo.

I materiali recuperati consentono di collocare la vita di questi insediamenti rurali tra la fine del I secolo a.C. e la fine I secolo d.C. quando entrò in crisi il sistema economico e sociale incentrato sulla centuriazione.

Ricostruzione grafica di una fattoria romana messa in luce presso il canale Desturo

La Necropoli dei “Tre Scalini” e del Canale Desturo

Le necropoli in età romana si collocavano al di fuori della città, lungo le vie principali; le famiglie più agiate acquistavano un’area della necropoli, le cui misure erano indicate in un cippo lapideo collocato esternamente al recinto, dove trovavano posto le tombe dei familiari spesso accompagnate da stele in pietra con i ritratti dei defunti.

A Monselice esistevano diverse necropoli, tra cui il sepolcreto con tombe a incinerazione dei “Tre Scalini”, lungo via XXVIII Aprile, collegate verosimilmente alla presenza di una strada che lambiva il versante occidentale del colle della Rocca, e alcune necropoli rurali associate a piccole insediamenti agricoli distribuiti lungo gli assi della centuriazione, come quelle lungo il cosro del canale Desturo.

Le tipologie delle sepolture rimandano sia al rito dell’incinerazione (cremazione) che a quello dell’inumazione; in ambedue i casi il defunto era deposto con un corredo costituto da oggetti di uso quotidiano.

Il rinvenimento nell’area dei “Tre Scalini” si caratterizza per la presenza di tombe scavate in nuda terra (bustum) e per la deposizione delle ossa combuste direttamente nella fossa senza un vaso ossuario.

Di particolare interesse sono due sepolture accompagnate da preziosi corredi; nella prima (UFC 8) il corredo era composto da un piccolo servizio da mensa, con ceramiche di uso domestico, una lucerna a volute, che per tradizione si credeva illuminasse la strada verso l’aldilà, e parte di uno spillone/specillo di bronzo, che potrebbe indicare l’appartenenza della tomba a una donna. Tutti gli oggetti erano stati volutamente rotti durante il rito funebre.

L’altra sepoltura (UFC 10), verosimilmente appartenuta anch’essa a una donna, forse morta in giovane età, contiene alcuni reperti singolari ovvero due statuine integre in terracotta raffiguranti due figure femminili. La prima è una madre che porta in mano le immagini forse dei figli defunti, mentre la seconda è una giovane fanciulla seduta, con accanto una servetta che regge uno specchio quadrato. Assieme alle statuette sono presenti oggetti d’uso femminile: uno specillo in bronzo per il trucco, una conocchia di osso per la filatura, alcuni dadi e pedine da gioco, balsamari in vetro e due lucerne parzialmente integre.

Lungo il canale Desturo la tipologia delle sepolture comprende, oltre a quelle in nuda terra, anche quelle alla cappuccina e in cassa di mattoni.
In particolare nel caso di quella alla cappuccina si tratta di una deposizione di tipo diretto dove il defunto una volta bruciato è stato coperto con due tegole inclinate per i lati lunghi a formare una sorta di tetto. Tra tutte le sepolture spicca per la ricchezza degli oggetti contenuti, ne spicca una ad incinerazione. Le ossa bruciate erano contenute in cassa di mattoni e cirocondate da un ricco corredo funerario che rimanda al mondo femminile, comprendente bottiglie e balsamari di vetro, una lucerna, uno spillone in osso, un ago in bronzo, un chiodo, una perla d’ambra e una coppetta in terra sigillata.

La Necropoli presso Canale Destauro

Lucerna, età romana (circa 50 d. C.)
Coppetta in terra sigillata, età romana (circa 50 d. C.)
Piattino in vetro, età romana (circa 50 d. C.)
Bottiglia in vetro, età romana (circa 50 d. C.)

Le Necropoli presso “Tre Scalini”

Statuina femminile in terracotta, età romana (circa 50 d.C.)
Dadi da gioco, età romana (circa 50 d.C.)
Specillo (spatola) in bronzo, età romana (circa 50 d.C.)
Pedine da gioco, età romana (circa 50 d.C.)
Balsamario in vetro, età romana (circa 50 d.C.)

La società Monselicense attraverso le iscrizioni

Numerosi monumenti in pietra che rimandano al culto dei morti in epoca romana, provengono sia dal centro di Monselice, a volte reimpiegati in costruzioni di diverse epoche, che dalla campagna circostante.

Si tratta di cippi, stele, edicole e are abbellite da fregi e sculture, recanti iscrizioni che raccontano alcuni aspetti della vita di duemila anni fa e rivelano la complessità della società agricola euganea di età romana. Tra loro spicca il prestigioso monumento funerario dei Volumnii, oggi conservato presso il Museo degli Eremitani a Padova caratterizzato in origine da dieci ritratti di defunti, uomini e donne che erano legati da vincoli di parentela, come si legge nell’iscrizione.

E proprio grazie alle iscrizioni che si conoscono una serie di consuetudini legate all’evento della sepoltura e al rito funebre. L’epigrafi riportano infatti notizie sull’acquisto del recinto funerario con le sue dimensioni o del luogo dove sarebbe stata eseguita la cremazione (ustrinum).

Altri monumenti funerari, come quelli appartenenti alla tipologia delle stele ad edicola, spesso rimandano alla sfera degli affetti; in esse si trovano scolpite una o più figure a mezzo busto che ritraggono in modo stereotipato il defunto e i suoi familiari. Nelle epigrafi incise nei monumenti esposti al SanPaolo spiccano quella di un patrono che si era impegnato con affetto per far scolpire la stele in memoria della propria liberta e quella dei figli che avevano fatto realizzare una lapide per la loro madre.

In altri casi le raffigurazioni e le iscrizioni rimandano alle attività che il defunto aveva svolto in vita, che potevano riguardare il mondo agricolo e dei commerci, quello della carriera militare o l’impegno nelle diverse cariche politiche.

Edicola funeraria, età romana (1-50 d.C.)
Stele funeraria della liberta Cassia Auge, età romana (1-50 d.C.)
Cippo funerario di Quinto Satrio figlio di Annio, in cui è indicata l’ampiezza del luogo della sepoltura, età romana (1-50 d.C.)
Altare votivo di Castricio, venditore di spugne, che sciolse un voto a una divinità, età romana (I -II secolo d.C.)